sabato 24 gennaio 2015

261 bis, la testa e la pancia

Si avvicina la data del 27 gennaio, Giorno della Memoria, come ogni anno sulla nostra pagina FB ricorderò questo importante avvenimento. Ma non è di questo che voglio parlare ma del reato di negazione di genocidio. In questo scritto andrò a ruota libera, niente link, solo ed esclusivamente un pensiero personale.

Tocca ammetterlo, come ogni cittadino di uno stato democratico, ho l obbligo di rispettare le leggi vigenti. Possono anche non piacermi ma le rispetto.
E devo ammettere che in Svizzera, la norma penale conosciuta come 261 bis, è una di queste. Da diverso tempo sto approfondendo la storia della Shoah, ho anche un mio blog personale sul tema. Scrivo poco in compenso leggo molto. Preferibilmente libri.
In rete ho letto diversi articoli, pochi a dire la verità, di presunti storici negazionisti. Mi limito a cercarli nel web per una semplice ragione, me ne guardo bene dal acquistare e quindi scambiare con il mio denaro le loro affermazioni. Ma torniamo al tema centrale di questa mia riflessione, il reato di negazione di un genocidio.

Reato di opinione? Una foglia di fico.

Ho sempre trovato risibile questa espressione, reato di opinione o psico-reato. Negare un genocidio non è un`opinione ma un fatto. Espresso con parole scritte oppure oralmente, non ne cambia la conclusione. Spesso, anzi sempre, viene utilizzata per sviare e camuffare un ben preciso scopo finale. Una maniera molto astuta per tacciare di stupido l` interlocutore. Un esempio? J. Graf mio connazionale, condannato in base al sopracitato articolo penale ebbe modo di scrivere un articolo nel quale pretendeva, citando niente po`po` di meno l` articolo 14 della costituzione che garantisce la libertà di culto, un`amnistia. Su quale base? Egli afferma che non è in obbligo di credere alla religione dell Olocausto. Una stronzata pazzesca (scusate il francesismo)! 

Il diritto alla libertà di espressione, un caso concreto.

Doğu Perinçek, presidente del partito dei lavoratori della Turchia, nel 2005 tenne varie conferenze e comizi in Svizzera, durante i quali ebbe modo di contestare l esistenza di un genocidio programmato nei confronti del popolo armeno.Più precisamente egli contestava la definizione giuridica di genocidio. Venne accusato e condannato.
Porto`il caso di fronte alla Corte Europea dei diritti dell Uomo, la quale pur riconoscendo la legittimità della sentenza del tribunale elvetico, sanci quanto segue, sulla libertà di espressione:
"non solo per le informazioni o idee favorevoli, considerate come inoffensive o indifferenti, ma anche per quelle che offendono, turbano o non sono condivisibili, al fine di garantire l’esigenze di pluralismo, tolleranza e apertura mentale senza la quale non c’è  una società democratica

L ignoranza deve essere un reato?

Henry Rousso, storico, nel 1987 affermo`che il negazionismo, specifico alla Shoah, ha un contenuto lesivo in quanto aggredisce la dignità e l’onore delle vittime, violando il principio d’eguaglianza, la pacifica convivenza tra i gruppi e/o l’ordine pubblico, ma abusa di quello che dovrebbe essere il metodo storico corretto.
Molta carne al fuoco!
L ignoranza porta ignoranza, questo è un fatto insindacabile. Come il proibizionismo porta spesso, non sempre, alla prevaricazione.E`umano, il gusto del proibito piace.
Negare un genocidio è immorale e irrispettuoso.
Le affermazioni di Rousso dovrebbero essere il punto di partenza, il piacere della conoscenza e non il punto di arrivo, una legge ad hoc.

Chris






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